mercoledì 31 ottobre 2012

la targa in bronzo


...c'è una targa in bronzo come fosse una lapide, è lì dal 2002, non l'avevo mai notata, c'è scritto "Il Giardino della Memoria". Onora nel ricordo le vittime di quell'11 di settembre del 2001, con esse la città di New York, la sua dignità, i suoi abitanti, la loro dignità. L'ho scoperta stamattina. E' quasi interrata con la sua cornice di pietra nel verde erboso che la circonda, lì, sulla "Passeggiata del Giappone" lungo le sponde del Laghetto, all'Eur. Quell'unico quartiere romano in cui il passato arretra perché avanzi il futuro, l'animo cittadino, saturo di antiche glorie, s'alleggerisce nella linearità delle architetture, dei viali, delle fontane mentre la luce si svincola dall'ambra per farsi bianca, per farsi luce. E la targa è lì, nella modernità come della Grande Mela, in perfetto connubio stilistico con essa. 
Ma la mente si sa, è ballerina e l'incontro stilistico delle due città, pur nella distrazione del suo bel mostrarsi, non impedisce alle parole segnate su quel Giardino di un'unica Memoria, di prendere altra forma, altro significato, completarsi. Proseguire per la via intrapresa quel giorno dalla "civiltà" quando quest'ultima altro non fece che seguire disegni strategici da tempo fissati e in attesa d'attuazione, in attesa della miccia. E quel numero 11 che deviò la storia, s'allunga nella mente ballerina ad un conteggio ben superiore a quel 2900 corrispondente al numero delle vittime statunitensi dell'11 stesso. Allucinante ridurre esseri umani, annullarli in un conteggio numerico, ma questo si è fatto, da allora si fa. E si ricorda: 2752 a New York di cui 60 poliziotti, 343 vigili del fuoco, 2349 civili di 70 diverse nazionalità e 148 complessivamente tra Pentagono, Shanksville e Contea di Somerset. 
A questo conteggio rinnovato nella memoria, grani d'un più amaro rosario hanno preso a succedersi nella mente ballerina, grani a partire da quell'altro giorno, quello con un altro numero, quello che si ricorda meno, molto meno, il 7 di ottobre dello stesso anno. Il giorno dell'Enduring Freedom, la campagna di guerra, quell' "Infinita Giustizia" che con l'alibi dell'11 di settembre, entrò nel cielo afghano bombardando a tappeto intere ignare città popolate da ignara gente, gente che non sapeva perché né da dove venisse quella morte. Ma passiamo al conteggio che l'Enduring Freedom ha partorito fino ad ora, oggi, benché soggetto a sommarsi.
2150 vittime tra  soldati statunitensi deceduti sul "campo di battaglia" e dichiarati.
Alcune centinaia, numero mai precisato, di vittime tra soldati statunitensi deceduti in Germania perché trasportati dal "campo di battaglia".
Altre centinaia, numero mai precisato, di vittime tra soldati statunitensi decedute ma non dichiarate perché combattenti per gli States ma sprovvisti di cittadinanza americana.
1070 vittime decedute tra  soldati dell'Isaf-Nato, di cui 52 italiani.
Oltre 10.000 vittime decedute tra soldati dell'esercito afghano.
70.000 vittime decedute e dichiarate tra civili afghani di cui il 40% bambini, il 30% donne e vecchi. 
Qualche migliaio, impossibile sapere quante, di vittime decedute tra civili afghani abitanti in villaggi o isolati in montagne e deserti.
Qualche migliaio di combattenti, non si sa quanti, tra coloro che si continua a chiamare talebani ma che da tempo sono mujaheddin, ovvero combattenti legittimi per la libertà della propria terra.
Qui occiriente si ferma, s'astiene dall'elencare tutti quegli omicidi consumati  in terra afghana e sul confine pakistano, dentro, fuori e lungo la Linea Durand. Omicidi come pane quotidiano, omicidi fatti passare per settarismo religioso, in realtà attuati da "terroristi" venduti all'occidente e da questo commissionati. Motivi: stessi di sempre, motivi noti e stranoti ai lettori di occiriente.
Ma la targa in bronzo è servita, comunque ha avuto un ruolo degno, diverso dalle intenzioni, il suo "Giardino della Memoria" s'è reso utile per altra memoria, quella di cui si parla poco o sporadicamente o per nulla, e in elenco, in bilancio, quasi mai. Mai come grani d'un rosario che s'è fatto infinito.
Marika Guerrini
  


      

venerdì 26 ottobre 2012

Damasco Beirut -seconda parte-:Eid al-Adha

...il primo pensiero alla notizia dell'attentato di Beirut venerdì 19, il pensiero immediato, prima della razionalizzazione, quello che di rado sbaglia, è stato: è una trappola. Poi l'attesa dell'accusa, prevedibile, scontata, la sua escalation: "forse" lo stesso giorno 19, "molto probabilmente" il 20, "è stata la Siria" il 21. E siamo alla "giornata della rabbia", quella dei funerali del capo dei servizi segreti libanesi, Wassim al-Hassam, vittima con altre sette persone. Otto sacrificati ad un ben più ampio disegno. 
Immediato obiettivo della trappola: scatenare il terzo angolo del triangolo sciita, Hezbollah, sì da ottenere il via alla risposta della risposta, all'accensione della seconda miccia. Quella che avrebbe portato, per via diretta, al cambio di governo a favore di uno contrario a Damasco, sempre usando il paravento del settarismo religioso. Ma il "Partito di Dio" tace. Fuori da ogni logica passata, tace. Gli sciiti non rispondono. E continua Hezbollah a tacere alle urla e alle accuse nella "giornata della rabbia". E la maggior parte di libanesi presenti in moltitudine ai funerali di al- Hassam, tace. E tace al discorso di Fuad Siniora, quell'ex primo ministro ora capo di " Al Mustaqbal" il partito d'opposizione. E alle parole: non possiamo continuare a coprire il delitto (della Siria), risponde solo una minima parte della enorme moltitudine, solo una minima parte risponde con applausi e slogan antigovernativi. La stessa minima parte che s'è fatta enorme folla nelle riprese, nei video, negli scatti, s'è fatta folla per i media. Folla divulgata. Al contrario la notizia degli SMS è stata molto poco divulgata. Gli SMS partiti dalla Siria e approdati su cellulari libanesi. Tanti. SMS carichi di minacce di morte giunti mentre l'attentato a Beirut consumava le sue vittime.   
E la storia ripete se stessa  in un monotono teatro.
Numeri siriani, sì, numeri ribelli. E la banalità della certezza è tale da abbandonare ogni idea di commento, lasciarne in serbo solo uno, breve, per le anticipate preoccupazioni di Washington. Perché questo era prima di venerdì 19, Washington era preoccupato nelle parole di Marc Turner, portavoce del Dipartimento di Stato: Washington è preoccupato che la guerra civile in Siria si estenda al Libano. Ed era preoccupato anche dopo il venerdì 19, nelle parole di un altro portavoce dello stesso dipartimento, Victoria Nuland: Washington appoggia un eventuale nuovo governo guidato da Michel Suleiman che sia formato secondo le esigenze del popolo libanese. E si torna alla grande democrazia, alla libertà, alla modernizzazione, alla civiltà. 
Cosa si farebbe senza le paterne, solerti, disinteressate preoccupazioni di Washington! Ma c'è lei, la Clinton a fugare ogni preoccupazione: ci sarà una squadra dell' FBI diretta in Libano per aiutare nelle indagini. Bene, ora siamo tranquilli e ancor più lo è Bashar al-Assad.
Ma oggi inizia l'Eid al-Adha. la "Festa del Sacrificio" per il mondo islamico, in ricordo di Abramo, della sua devozione al divino, estrema, della richiesta di sacrificio di Isacco suo figlio.
E Bashar al-Assad ha firmato la tregua, il cessate il fuoco. E ha detto che sarà osservato. Non ne ha certezza Mustafà el Shaikh, generale dell'esercito così detto libero e neppure Moaz al Shami, attivista, che dichiara: nessuno la sta prendendo sul serio (la tregua). E intanto circola voce che i ribelli siriani, non avendo una vera leadership ed essendo molto dislocati tra loro, potrebbero anche non sapere della tregua. Strano, la rete di comunicazione, dai cellulari ad internet, twitter. facebook,  funziona perfettamente in caso di ribellioni, rivoluzioni, sommosse e perché no né di rado, massacri, poi, improvvisi s'annullano assorbiti dall'etere per una tregua, un breve silenzio delle armi, una piccola infinitesimale scintilla di, se pur in parvenza, pace. Ma chissà, nulla è impossibile e l'Eid al-Adha riuscirà a compiere questo piccolo miracolo del silenzio. Forse.
Marika Guerrini 
        

lunedì 22 ottobre 2012

Damasco Beirut-prima parte-: Faraj

acquarello per tessuto in seta
Damasco quindici giorni fa
... toccata e fuga, lo spazio di un week end, d'uno sguardo, d'un respiro. E il dedalo di stradine e la sala da tè e lampade di vetro colorato piovono dal soffitto arcuato mentre bicchieri fumanti sono ambrati dall'infuso e delizie profumate di spezie occhieggiano da ciotole decorate. E il silenzio. E il mondo fuori.
 Farajallah, per gli amici Faraj, accoglie la mia preghiera, sa che non sono una giornalista, desidera parlare, io ascoltare. Così, a bassa voce: i regimi sono tutti uguali, sono regimi, questo di Assad non è peggiore di altri. La religione non c'entra con questa storia. La Siria non ha mai tollerato gli estremismi, ha sempre protetto le minoranze religiose. La stessa famiglia di Assad, appartiene alla minoranza degli alawiti.  Hafez Assad, il padre, nel 1982, dopo tre anni di attentati contro il regime da parte del Fronte Islamico Unito, soffocò ad Hama la rivolta dei Fratelli Musulmani, liberando il paese dagli estremismi. Poi il Golfo, la Guerra Iran-Iraq, la Siria solidale con l'Iran. Tra i due paesi i rapporti si stringono, i commerci proliferano. Poi il 2000, la morte di Hafez, gli succede Il secondogenito Bashar. Ha vissuto a Londra, appassionato di medicina, di internet, ha moderne vedute. Il popolo s'aspetta da lui un rinnovamento del paese. Bashar promette sviluppo tecnologico, attenzione all'agricoltura, economia più liberale, apertura a nuovi movimenti culturali e politici. Ma le promesse non verranno mantenute. Questo ha creato il malcontento tra la gente, questo e il mantenimento del potere per via familiare. Non essendo una dinastia monarchica il popolo non capisce e non condivide. E c'è anche che Bashar è sempre stato debole nelle decisioni restrittive e costrittive dei vari esponenti governativi, per le loro malefatte e comportamenti spesso con abuso di potere. 
Faraj parla, il volto chiaro di chi osserva con animo distaccato, lo sguardo di chi non sa mentire, non lo farebbe anche se potesse. Continua: io stesso una volta sono stato ricevuto da Bashar, per denunciare un episodio di gratuito sopruso da parte di esponenti della sicurezza, il raìs ascoltò con attenzione, mi diede ragione e prese provvedimenti. Ma anziché allontanare definitivamente i responsabili dai ruoli, li trasferì in altra zona. Vede, lui è sempre stato troppo debole su certe cose. Suo padre Hafez cacciò dal paese il proprio fratello per atti di violenza, e il popolo lo ammirò, si sentiva protetto. Bashar no, lui non si schiera mai molto, questo alla gente non piace. Ma non per questo lo odiano o vogliono le sue dimissioni. No, sanno bene che la sua caduta porterebbe al potere gruppi oltranzisti ed estremisti. E' stato un errore di leggerezza di questo tipo che ha procurato l'inizio delle ribellioni ad Hama, Dar'ia, Homs e Latakia. Allora c'erano già all'estero le rivolte che chiamano della Primavera, ma la primavera porta vita non morte,  Bashar sottovalutando anche questo, non ha prestato attenzione alla gente che voleva da lui la rimozione dei governi locali, per malefatte degli esponenti, voleva un'azione decisa severa e diretta, badi bene, rimozione dei governi locali, non il centrale, anzi, chiedevano ad Assad aiuto. Ma Bashar ha ancora sottovalutato. S'è concentrato su Damasco e Aleppo ed ha mandato l'esercito a placare le rivolte. All'inizio è stato solo placare, come si fa in molti paesi davanti a rivolte corpose. Ma l'occidente con altri interessati, per tutto quel che si sa compresa la via all'Iran, non aspettavano che il momento opportuno per entrare, ha approfittato. Il paese s'è ancor più, perché già erano presenti, riempito di infiltrati, spie e mercenari che hanno armato i ribelli giocando sul fanatismo anche religioso ed hanno incrementato i focolai facendo passare una parte dei siriani, dalla ribellione all'odio. L'esercito governativo è sceso in campo. Ma sa una cosa? Cosa? dico, l'esercito che si vede, quello messo fin'ora in campo non è che una piccola parte dell'esercito siriano. L'esercito siriano è enorme e molto ben addestrato. 
Ha chinato lo sguardo Faraj, è pensieroso, molto. Fino ad ora non ho fatto domande, ho voluto che si sentisse libero nel suo racconto, ora chiedo: secondo lei, Faraj, c'è qualcosa che a questo punto Bashar Assad possa fare per evitare il peggio del peggio, ovvero un secondo Iraq o Libia o...comunque la distruzione della storia?
E lui: è molto difficile, ora, ma qualcosa può fare, deve fare, dimostrare al mondo la possibilità di modernizzazione politica, deve volere  le libere elezioni, le deve indire. 
Ma, Faraj, non glielo permetteranno mai, le forze esterne e le interne avverse faranno l'impossibile, useranno ogni mezzo illecito, proprio tutti perché questo non sia.
Sì, lo so, riprende Faraj, ma lui lo deve fare, deve indire seriamente le elezioni. Lo deve fare per il popolo. Cara signora, il popolo ha bisogno di un forte segnale, il popolo capisce.  La maggior parte del popolo non vuole destituirlo, vuole un forte segnale. Vede,  Assad con moglie affianco e figlie sul sedile posteriore, senza scorta, in una piccola utilitaria, si sposta normalmente nella città, vanno in giro per le strade, vanno al ristorante. Assad cammina tra la gente, anche al mercato. Ovunque sarebbe facile attentare alla sua vita, ma non avviene per fortuna. Lei come lo spiega?
Shukran, Faraj, shukran. Grazie.   
Ah, dimenticavo di dire al lettore, Faraj, in lingua araba vuol dire: gioia dopo una costrizione. Ancora Shukran, Faraj.
Marika Guerrini 
   

venerdì 19 ottobre 2012

come da copione

... ci siamo, dichiarazione ufficiale:le truppe Usa resteranno in Afghanistan oltre il 2014, molto oltre. Lo dichiara alla stampa l'addetto speciale del Dipartimento di Stato Marc Grossman. Il "Russia Today" lo riporta. Occiriente l'ha previsto, sostenuto e riportato da tempo. Motivo ufficiale nonché "altruistico": non interrompere la collaborazione contro il terrorismo, non "abbandonare" il paese asiatico. E, sempre come da copione, dichiara: si stanno vagliando le modalità per la conferma. Vale a dire,  gli Usa stanno vagliando, o meglio, architettando.
Così da nomadi, le truppe Usa-Nato, dichiarano apertamente di volersi fare stanziali. Bene, ufficialmente il mondo lo sa!
Ma, sulla scena del teatro, ora, non sono presenti solo i taliban, ovvero quei terroristi con marchio Usa che vengono addizionati o sottratti asseconda del bisogno dimostrativo e dimostrante, no, ci sono i mujaheddin. E anche qui va ricordato: non i mujaheddin addestrati dalla Nato per essere inviati in vari paesi caldi o roventi, vedi Nord Africa, Medio Oriente, Siria compresa, etc., no, i mujaheddin quelli veri, originali, gli afghani combattenti per la patria, per la libertà, la loro libertà. Il loro concetto di libertà. E allora, come la mettiamo con lo stanziamento?
Ma occiriente un'idea l'avrebbe, un'idea tra il serio ed il faceto, rifornire di tende i futuri stanziali yankee e soci, grandi tende nere piantate nel pallore afghano. Farli tornare al tempo delle grandi migrazioni, poco dopo, quando le tende erano modernità, chissà, forse la smetterebbero di aggirarsi come robot senz'anima su quella terra che s'alzava bianca nella polvere di cavalli al galoppo. Forse i robot stanziali, al chiuso delle tende, in solitudine, assumerebbero umana sembianza. Potrebbero assumere. Chissà!?
Marika Guerrini .  
foto- da archivio Sakura Arte Roma "Afghanistan"

mercoledì 17 ottobre 2012

diretta Quetta -Roma

...sotto fiori sempre freschi, sempre nuovi...
...il cimitero è ordinato, le tombe in pietra grigia, bianca, color sabbia tacciono sotto fiori sempre freschi, sempre nuovi. E piccoli cumuli di pietre chiudono il cerchio della vita terrena per l'Islam sciita. E volti si mostrano in foto, volti sorridenti, severi, sguardi acuti, mai tristi. Giovani, giovanissimi molti. E donne e bambini. Sguardi mongoli nell'80% dei volti, nell'ottanta per cento sguardi hazara. E' il cimitero dei Martiri Sciiti. E' lì, a Quetta, Balucistan in Pakistan. La città di cui occiriente tratta spesso, da mesi. La città che compare sempre sul  lato destro delle sue pagine in " Finestra aperta...". La città scelta da molti Hazara afghani all'inizio del XX secolo quando quella terra era India e il Pakistan non era a sé. Scelta per mille motivi che i lettori di occiriente conoscono, scelta per essere sulla via verso l'Iran, lungo il pellegrinaggio sciita. La città in cui il genocidio del Popolo Hazara è ancora, e sempre, pane quotidiano. Ed è  stato così, ieri, nella diretta Quetta-Roma.
E la voce parlava, diceva: non possiamo uscire da casa, allontanarci da questa zona, molti hanno ritirato i figli da scuola, molti hanno chiuso i negozi. E' impossibile andare all'ufficio passaporti. Ogni giorno c'è un attentato, ci riconoscono.  Poi singulto, interruzione, silenzio. E a Roma il crollo della linea ha ingoiato il respiro. Poi lo squillo, la linea che torna, Quetta. Al mercato dei rottami quattro morti, uccisi. Dice la voce. Roma respira, chiede; chi? Hazara, risponde la voce, oggi quattro.
Parla della modalità, la stessa: moto spari e via, parla dell'inefficienza della polizia, la stessa. E' stato aumentato il pattugliamento di sicurezza, dice ancora la voce, non serve a niente. Non c'è niente da fare, fa gola questa nostra terra (pausa) le sue risorse naturali, troppe, aggiunge. A migliaia di kilometri Roma tace. E...prega.
Marika Guerrini

alcune pagine per chi volesse saperne un po' di più:
http://occiriente.blogspot.it/2011/10/hazara-genocidio-sulla-scacchiera.html  
http://occiriente.blogspot.it/2012/06/hazara-diritto-alla-vita.html http://occiriente.blogspot.it/2012/04/fermate-il-massacro-degli-hazara.html  

martedì 9 ottobre 2012

ipocrisia

..."Siamo disposti a sacrificare molto per questa campagna, ma non siamo disposti ad essere uccisi per questo", dichiarazione rilasciata alla CBS News, oggetto: campagna di guerra afghana. A dichiarare: gen. John Allen, comandante delle forze americane ed alleate in Afghanistan in riferimento agli attacchi degli afghani armati contro gli statunitensi armati. Afghani che sappiamo non essere taleb ma afghani, e basta. 
Attacchi a cui Washington di rimando ha: 
1) ridotto le operazioni congiunte;
2) incrementato tra le fila afghane la presenza di intelligence ed infiltrati comuni;
3) ordinato ai suoi uomini di moltiplicare gli armamenti, nonché girare sempre con un'arma carica ovunque e in qualsiasi frangente.
A questo il Ministero della Difesa Afghano ha risposto con la pubblicazione del "Cultural Understanding", una guida, sì, una guida alla "cultura" americana e coalizione in genere.
Poi qualcosa è accaduto, un vago nonché falso residuo di dignità e il Presidente Karzai ha specificato, no, non con sue parole, ha riportato parole afghane di soldati e uomini della  Sicurezza. Motivi degli attacchi:
1) mancanza di rispetto per i valori afghani;
2) irruzioni armate in case private e moschee che sia giorno o notte, violando la privacy;
3) continue uccisioni di persone innocenti tra cui un numero altissimo di bambini;
4) denigrazione della religione e dissacrazione del Sacro Corano;
5) denigrazione, derisione e dissacrazione dei defunti;
6) arroganza dei soldati americani " non ascoltano e non accettano i nostri consigli";
7) assenza di fiducia negli afghani che collaborano con gli americani e coalizione in genere " sono strapagati, dai 180.000 ai 220.000 dollari all'anno, lo fanno per soldi, sono venduti".
Suggerimento di Karzai a Washington: "i soldati americani e della coalizione, in genere, andrebbero istruiti circa la cultura, il costume, i valori afghani". Questo perché si evitino gli attacchi. Così il buon Karzai. Dopo undici anni di guerra morte e distruzione. E semmai si meraviglia che l'addestramento statunitense per la Campagna Afghana abbia previsto e pratichi da undici anni un seminario "culturale" sul paese, di mezza giornata, sì, mezza giornata. E, già, Karzai la sua innocenza! Si suppone che il presidente non sia al corrente dell'ignoranza americana in guerra. Che non sappia quanto quest'arma sia la più potente,  quella a cui si viene addestrati sin da bambini. Si suppone che non sappia, ma i lettori di occiriente sì, che dopo la Seconda Guerra Mondiale da ogni ordine d'istruzione Usa, eccetto le Università, e dipende dalle Facoltà, è stato abolito l'insegnamento della Geografia Internazionale. Che non sappia quanto sia falsato ad uso e consumo nazionale, quando eccezionalmente è presente. Che non sappia che nell'addestramento dell'esercito americano, prima dell'entrata in Guerra, sempre Seconda Mondiale, 1942, venivano proiettati alle truppe in partenza, filmati "istruttivi" sull'Europa, che veniva detto: abbiamo il dovere di salvare quei popoli barbari, senza cultura, tenuti nella più grande ignoranza da secoli. E' così che i soldati degli States si sentivano in dovere di bombardare popoli, cultura, sapienza, di bombardare la Storia e sostituirla con la cioccolata. Così. 
La massa va tenuta ignorante secondo beceri principi di conquista. Di vera inciviltà. E questa è storia documentata, che piaccia o non, basta cercare per trovarla. Ma il presidente afghano non lo sa. Le ceneri afghane sì, lo sanno.  
Marika Guerrini   
foto Barat Alì Batoor