venerdì 25 ottobre 2013

EUROPA-USA

... luglio 1917 " ...le parole di Wilson non vengono pronunciate da un letterato filantropo. Esse sono il vessillo delle azioni che da tre anni l'Intesa compie contro la Mitteleuropa e per le quali gli americani si vanno armando" e poi " Lo stato dei fatti porta la Mitteleuropa a combattere contro le forze che, sotto questa bandiera, affermano di essere scese in campo per la salvezza dell'umanità e per la liberazione dei popoli. L'Intesa e Wilson proclamano il fine per cui fingono di combattere. Le loro parole sono propagandisticamente efficaci. E questa efficacia diviene sempre più preoccupante." Così Rudolf Steiner delinea parte dei retroscena della Prima Grande Guerra. E, circa il basilare programma dell'Intesa-Wilson:" ... dietro la sua maschera moralistica, tende in realtà a servirsi degli istinti dei popoli dell'Europa centrale e orientale per attaccarli a tradimento sul piano politico-morale condurli per questo mezzo sotto la dipendenza economica anglo-americana. La dipendenza spirituale sarebbe poi soltanto la reale, necessaria conseguenza."  *
 In particolari ambienti inglesi, già alla fine del secolo precedente, si parlava di una "prossima guerra mondiale" come dell'evento destinato a dare alla stirpe anglo-americana il dominio del mondo. Lì, dove si parlava in questi termini di una "guerra mondiale", si puntava, senza dubbio alcuno, sulle forze storico-nazionali ed istintive dei popoli europei, slavi principalmente, sui loro ideali, e si puntava altrettanto sul declino del mondo latino, sulle cui rovine si era decisa la propria espansione.
Era l'aprile 1917 che gli Stati Uniti d'America aderirono alle nazioni Alleate Europee in qualità di Nazione Associata. E fu una dichiarazione e fu ufficiale. Ma nulla v'era stato di ufficiale sulla loro presenza militare in terra europea, nulla da ben tre anni, dall'inizio di quella che sarebbe stata la Grande Guerra. Soldati americani, sotto spoglie di britanniche uniformi stavano già combattendo, confondendosi coi francesi, gli Imperi mitteleuropei di Germania e d'Austria. Spacciatisi per volontari, erano stati presenti in ambiti strategici con l'A.F.S. (American Field-Hospital Service), con l'A.R.C ( American Red Cross), e nei Trasporti, e nell'Aeronautica. In Italia, sotto spoglie di uniformi italiane, avevano combattuto nella nostra Fanteria, nell'Artiglieria, avevano prestato supporto medico e psicologico alle truppe all'interno dei reparti della Sanità. Non fu forse così che Ernest Hemingway soggiornò nel nostro paese? Non fu guidando ambulanze sull'Isonzo? Ma, più d'ogni altro soccorso, quelli delle U.S.Military Missions, ovvero i "volontari", avevano ordini di acquisire dati per la creazione di servizi logistici a "supporto" delle attività belliche degli Stati coinvolti nel conflitto. Tutti gli Stati. E tutto torna. Ora, oggi, qui. il lupo perde il pelo ma no il vizio, canta il vecchio proverbio.
Il programma di quel Thomas Woodrow Wilson (1856-1924), 28° Presidente degli Stati Uniti d'America, "idealista", in realtà individuo assetato di potere, cosa che la storia, quando, se, riporta, lascia incomprensibile nelle pieghe delle proprie pagine, quel programma da lui esposto alla Russia di allora, perpetua il suo senso, quelli che furono i suoi punti:
1)  le formazioni statali mitteleuropee, quali sono sorte storicamente, non hanno il diritto di essere riconosciute, dal punto di vista dell'Intesa, come i soggetti a cui compete la soluzione dei problemi nazionali europei;
2) le formazioni statali mitteleuropee devono stare in un rapporto economico non di concorrenza ma di dipendenza dal mondo anglo-americano;
3) le relazioni culturali dell'Europa centrale e orientale vanno regolate secondo l'interesse nazionale anglo-americano.
Basta cambiare qualche riferimento, ampliarlo, qualche definizione geografica, ampliarla, qui e là, e, sì, tutto torna. 
Non v'è sole che sorga e non ci si trovi ad affrontare, ascoltare, venire a conoscenza, riflettere, pensare, eccetera, su eventi, faccende, vicende, condizioni simili a quella che sarebbe una vita passata se non ripresentasse i suoi contenuti più o meno palesi, più o meno sottili. Modalità di conflitti bellici, armamenti, infiltrazioni in terre di conflitti, migrazioni forzate dai punti precedenti, popoli indeboliti, distrutti, e così via lungo il già conosciuto storico e di cronaca fino a questa nostra addormentata Europa tenuta sotto scacco con illeciti strumenti a tradimento. Persino l'accanimento di odio nei confronti d'una salma come nella disumana dissacrata vicenda Priebke, fa parte d'una stessa essenza storica, uno stesso quadro che andrebbe riconsiderato per essere riscritto secondo verità sin dalle origini di questa nostra modernità postbellica. Ed è interessante osservare  corsi e  ricorsi  fino ad oggi, ora, fino al Datagate. Datagate su cui non c'è nulla da dire se non ovvietà. E ci si domanda quale sia la linea di demarcazione tra inconsapevolezza, ingenuità, diplomazia, sonno delle coscienze, furbizia, malafede di questi nostri statisti europei. Dove sia e se ci sia. Dato che chiunque faccia o dica o scriva o comunque trasmetta al mondo idee, ancor più se contro corrente, sa d'essere ascoltato, intercettato, spiato e non ha dubbi circa la fonte, le fonti. Non c'è novità in questo ulteriore ipocrita bailamme delle intercettazioni. E allora perché, perché il chiasso. Si dovrebbe credere alla sua spontaneità, perché? 
Forse sarebbe opportuno decidersi a ricordare la storia, quella tra le pieghe delle pagine, quella indecifrabile, quella che non si vuol leggere, quella scomoda, quella vera, la stessa che molti conoscono e fingono di non conoscere. Quella che permette, impulsa, suggerisce la consapevolezza che le cose stanno così come nelle righe precedenti da tempo, molto tempo e che è tempo di rendersi indipendenti, rendere inefficace ogni senso di quel vecchio linguaggio dell'Intesa-Wilson, che i vari Cameron di turno fingono, a turno, di negare, sarebbe opportuno prima che dell'Europa si facciano comodi brandelli. 
Marika Guerrini
* Rudolf Steiner,"I memorandum del 1917", Tilopa, Roma 1991



martedì 8 ottobre 2013

Lampedusa

... non siamo entrati nel coro di pianto per la tragedia di Lampedusa.  Oh, no, non perché quei corpi abbandonati alla clemenza del mare siano indegni di lacrime, no, fiumi di lacrime andrebbero versate per loro, per la loro vita spezzata, che sia rimasta su questa terra o volata via. A fiumi per il calvario che hanno vissuto attraversato lasciato. Ce l'ha impedito il dolore questo pianto, il suo essere stato previsto predetto annunciato. Da tempo. Troppo. Ce lo ha impedito la nostra non azione, o l'aver agito poco o male o debolmente, a che il destino deviasse il corso. Qui, tra queste pagine, qui dove da tempo, troppo anche questo, ci si è percepiti come Giovanni nel deserto ad urlare genocidi in atto, stragi di civili in atto, soprusi in atto, violenze nella più totale assenza di Diritti Umani, tutto in atto, e in atto quei voli innocenti di bimbi sotto il tuono nemico, che varia nome colore patria ma non sostanza, qui dove la tragedia dei migranti è stata trattata più e più volte,  qui, tra queste pagine, non si grida "vergogna" così come il papa, si grida: mi vergogno. E   l'accusa va a se stessi. Innanzi tutto. Qui si assume su sé la colpa. Innanzi tutto. Va a se stessi la responsabilità, l'ignominia. Qui, tra queste pagine si è pianto nel silenzio del cuore, dove il dolore si raccoglie e tace. Ancor più tace per quella consapevolezza che sussurra: il coro lacrimoso di oggi, quello dei potenti non degli umili non dei puri, quello di coloro che sanno, che agiscono che potrebbero se volessero, lo stesso che ora, a caldo, si esibisce in acuti, domani si farà sommesso poi flebile fino a scemare, ad esaurirsi. A dimenticare. Vedi, hanno perso anche il nome ricevuto sulla terra, il nome che li distingueva, quei corpi racchiusi in legni neri, marroni. In legni bianchi. Il nome che li rendeva unici. E' questo che sussurra la consapevolezza, e, come non bastasse: non sono forse nostre le guerre evidenti e nascoste? E le false Primavere Arabe, le fomentate rivoluzioni, le aizzate guerre civili, non sono forse nostre? E le terre derubate delle loro naturali ricchezze non sono forse derubate da noi? E i falsi concetti di benessere, di civiltà di giustizia che illudono i popoli, non sono forse nostri? E, non sono forse racchiusi in questi legni neri marroni bianchi, questi legni numerati, i frutti di tutto ciò, i frutti che i paesi da cui provengono coloro  ora racchiusi in legni neri, marroni bianchi, vedono ogni giorno, che ogni giorno piangono? I frutti che ci viene dato di vedere, ora, qui, che ci verrà dato di vedere ancora e ancora mentre l'Europa gioca a scarica barile appellandosi ad iniqui trattati sottoscritti da Stati imprevidenti, incoscienti o venduti? L'Europa che non vuole esistere non è forse nostra?
Marika Guerrini

giovedì 3 ottobre 2013

momento epistolare sul tema "ultime sui marò "





... tratto da "Totalità"un inatteso momento epistolare da condividere: 



Simonetta Bartolini -direttore di "Totalità" scrive: 
"Cara Marika, mandandomi la tua riflessione su queste ultime notizie riguardanti il caso dei nostri marò, ti sei detta convinta che non avrei pubblicato il tuo pezzo.
Convinzione che ti derivava dal sapere che io la penso in maniera diametralmente opposta alla tua sul caso dei nostri soldati in attesa di giudizio in India.
Ma Totalità coincide solo in parte con me e con le mie convinzioni, Totalità fino dal primo numero si è presentata ai lettori come libero laboratorio aperto a tutti, e quindi a tutte le idee e opinioni, purchè espresse con rispetto e entro i confini della legge nonché del buon senso. Tradirei dunque la "nostra" rivista se non pubblicassi il tuo articolo, e sopratutto tradirei me stessa e quello in cui credo: la libertà di esprimere le proprie opinioni senza lacci e lacciuoli ideologici, senza pregiudizi.
È una libertà che invoco per me, e che mi ha spinto a fondare questo giornale, ma che garantisco ad ogni collaboratore proprio perché credo nella "libertà" come valore assoluto, e soprattutto credo in quella libertà un po'anarchica che non si assoggetta a nessun padrone, neppure se si tratta di idee e/o ideologie.
Ciò detto esercito il diritto di dirti che non sono d'accordo con te, né con Pistelli e tantomeno con il ministro Bonino.
Pistelli e Bonino in quanto politici (una addirittura ministro degli esteri) sono i rappresentanti del popolo italiano e in quanto tali dovrebbero, in un paese normale, quale tu giustamente invochi, tutelare presso gli altri paesi il popolo italiano non solo come collettività, ma anche per ogni suo singolo membro.
Francamente non so se i due marò Girone e Latorre abbiano sparato o meno (c'è, come ben sai anche l'ipotesi,che siano stati altri a sparare e loro si siano assunti la responsabilità), non so quindi se abbiano ucciso loro quei pescatori. Non so se il tutto sia avvenuto seguendo le regole di ingaggio come era stato loro ordinato di fare.
Pare però sicuro che il tutto sia avvenuto in acque internazionali, che se non cambia la gravità del gesto e i suoi risultati, cambia l'applicazione del diritto.
Nello stesso modo sappiamo che i due marò, per una serie di stupidaggini,dilettantesche fino ad esser criminali (dal punto di vista politico e diplomatico), sono stati riporati sul territorio indiano e per esser consegnati a quelle autorità.
So per certo, infine, e non sono la sola a saperlo, tutto il mondo ne è a conoscenza, che i paesi normali, credibili, dignitosi ecc ecc tutelano i loro cittadini all'estero, che non significa garantire loro l'impunità quando si siano macchiati di un reato, ma significa garantire loro un processo secondo le procedure del loro paese. Questo vale tanto di più quando sia in discussione il luogo dove il delitto si è consumato (acque internazionali?) e quando a essere accusati siano dei militari che rispondono a regole in questo caso assai diverse da un comune delitto di sangue commesso da qualcuno che volontariamente o colposamente  se ne renda responsabile.
Non citerò come esempio gli americani che tutelano i loro uomini a prescindere, non citerò il caso del Cermis non voglio citarlo, non voglio ricordare che dei deficienti per gioco, e non per una interpretazione magari errata delle regole di ingaggio, hanno fatto precipitare una funivia con diverse decine di persone a bordo provocando una strage. Non voglio ricordare che quei militari non hanno fatto un solo giorno di galera in Italia e che a casa loro sono stati praticamente assolti!
Non voglio farlo perché l'America non è un mio modello, ma lo è per tutto il resto del mondo e anche per i nostri politici che sono così arrendevoli con il governo indiano, che invece non ritiene di concedere anche all'Italia il diritto che hanno gli altri paesi.
Il problema cara Marika è che gli altri paesi, quelli che noi definiamo civili, educati, dignitosi, normali, non avrebbero mai lasciato i loro uomini nelle mani straniere. Un paese civile, si assume l'onere e la responsabilità di processare e se è il caso punire i propri militari che abbiano sbagliato.
È una questione di dignità , di onore e di credibilità. Tutte cose ahimé ignote in questo sciagurato paese" 
  • tratto da "Totalità" 
    in risposta:
    "Cara Simonetta, le nostre divergenze sul caso marò, in realtà divergono 
    meno di quanto si pensi. Quel sentimento patrio che ti riscalda e ti fa, 
    a ragione, accusare uno Stato incapace di tutelare i propri cittadini
    all'estero, Stato che ampliando e sintetizzandolo il concetto si può 
    definire assente di Sovranità, in me si centuplica, si esaspera. 
    Ritengo, infatti, che non si possa riconoscere uno Stato che non si 
    comporti secondo Sovranità. Uno Stato non riconosciuto è uno Stato 
    assente e, l'assenza di uno Stato, comporta automaticamente, in frangenti 
    di necessità, la presenza di un altro Stato ma Sovrano. 
    Tu rimproveri lo Stato e, in certo senso, rimproverando aneli ad un suo 
    cambiamento, in me, il desiderio-delusione, moltiplicandosi, fa sì che quello 
    Stato non esista. 
    E ti dirò di più, nella sporca faccenda marò, l'assenza di tutela dello Stato nei 
    confronti dei due militari, si è manifestata ancor prima che venissero lasciati 
    ai ferri indiani. Pressappochismo, menzogna, arroganza, questa funesta triade 
    che ha portato dove sappiamo, ha preso avvio nel momento in cui, segnalazioni 
    della guardia costiera, della capitaneria di porto e della polizia del Kerala, sul 
    grave episodio, sono giunte alla Lexie, da lì in Italia. La corale risposta 
    italiana è stata una completa negazione del fatto pur nella sua evidenza. 
    Che mi risultino, ci sono ben 5 dispacci iniziali inviati dalla nave alla nostra 
    Marina Militare, che attestano il tutto. Si è mentito sul numero degli occupanti
    il peschereccio, sul fatto che fossero armati, sul fatto che avessero sparato 
    per primi (non avevano armi) e fossero in procinto di arrembaggio, sul luogo, 
    ovvero il numero di miglia di distanza dalla costa e le acque internazionali 
    ( in vero neutre, zona-limbo che separa le nazionali dalle internazionali) ), 
    sulla rotta dei pirati somali, sui tre colpi in aria dei nostri militari, tutto a 
    non voler ammettere l'errore tanto meno assumersene responsabilità. 
    Ma tu dici, giustamente, qualunque sia stato il fatto, rei o innocenti, dovevano 
    portarli in patria e garantire loro "un processo secondo le procedure del loro paese", 
    sì, non c'è dubbio. Ed è quel che l'India ha proposto nel primo momento 
    al nostro ambasciatore, a incaricati governativi, all'Italia, quando Girone e 
    Latorre erano ancora a bordo, proprio perché in acque neutre, dove ci 
    si accorda sul chi debba procedere. La risposta italiana ha calcato di nuovo pirati 
    sì, armi in possesso degli uccisi sì, niente arresti ai marò e neppure sospensione 
    momentanea dell'incarico, in attesa, ma al termine regolare della missione, 
    al rientro, si sarebbe valutato il tutto e il se. Arroganza in stile yankee la chiamo io. 
    Sull'altra sponda, intanto, giacevano due morti ammazzati dalle armi italiane, 
    morti disarmati, innocenti, ignari di segnalazioni militari eccetera. Errore che 
    può accadere, ma anche paura, presunzione, arroganza, poi, assenza di 
    lealtà, questo ha giocato. Dici che non sappiamo, in realtà, se i marò abbiano 
    eseguito un ordine, dici "militari che rispondono a regole in questo caso assai 
    diverse di un comune delitto", giusto, provenendo da una generazione di militari, 
    so cosa significhi obbedienza, ma anche coraggio e lealtà. Per questo ritengo 
    ancor più grave l'azione "bellica" in questo caso. Ma l'errore è a monte, Girone e 
    Latorre sono solo emblemi di uno Stato in sfacelo morale ed etico, ed ecco che 
    ritorna. Uno Stato che fa coprire ai suoi militari ruoli che in alcun modo dovrebbero 
    competere loro, come il fare da "guardia" su mercantili civili ( allora ministro La Russa),
    che, ancor più oggi, non di rado, trasportano armi e droga e, in certi casi di certi Stati, 
    elementi sovversivi. E questo i paesi dell'area lo vivono quotidianamente. Simonetta 
    cara, i paesi "normali, credibili, dignitosi" a cui aneliamo, non addestrano i propri 
    soldati nell'emulazione di Stati che non sono né normali, né credibili, né dignitosi, 
    non li addestrano al "prima spara poi accertati", ma ora da noi è così ad eccezione 
    dell'Arma. Ma vedrai che prima o poi distruggeranno anche quella. Ci stanno già 
    provando. 
    Sono con te, ma la mia visione è ancor più severa della tua, forse troppo 
    drastica, ma, come ti dicevo, uno Stato assente alla sua Sovranità, chiama in 
    causa la presenza di un altro Stato che sia Sovrano. E l'altro Stato, la sua Sovranità, 
    se pur con rammarico patrio, bisogna riconoscerla, anche condividere. Quale 
    siano i retroscena della condivisione, in un punto di non ritorno, non importa."
    Marika Guerrini 

martedì 1 ottobre 2013

ultime sui marò


...il 25 settembre il viceministro Lapo Pistelli in una dichiarazione a Il Mondo, a proposito del processo indiano sul caso Marò, circa la posizione italiana, si è espresso: " ... scelta di una giurisdizione speciale, condivisa; regole da utilizzare in processo, condivise." Parole che  sul web hanno scatenato una serie di critiche, a dir poco, secondo cui non si può condividere una giurisdizione che contempli, a monte, la pena di morte eccetera eccetera. Ora, che la pena di morte in India non contempli casi di questo tipo, è risaputo, così come è ovvio che all'origine della critica ci sia la presunzione, in senso etimologico, circa l'innocenza di Latorre e Girone, meno ovvio, ma possibile, è un fattore d'orgoglio nazionale. Ma questo ad occiriente non interessa. Quel che interessa, dopo aver trattato la vicenda sin dai suoi primi attimi, in pagine frutto di accurata analisi anche in linea diretta con Cochin in Kerala, luogo del misfatto, è, non solo la dichiarazione dell'Italia all'assunzione d'una responsabilità condivisa, ma ancor più la risposta del Ministro agli Esteri Emma Bonino alle critiche:" Non è accertata la colpevolezza e non è accertata l'innocenza, i processi servono a questo." Se prima erano critiche ora sono state tempeste sul web.
invece, finalmente, sì, finalmente un gesto di obiettiva considerazione della vicenda. Finalmente un atteggiamento corretto e responsabile rispetto a qualsivoglia verità emerga dal processo. Finalmente un comportamento di equanimità circa l'accaduto. Non può che mettere in risalto dignità di Stato, un tale comportamento, serietà, rispetto per la giustizia qualunque sia la bandiera, in luogo di quel precedente, degradante nazionalismo senza senso né verità a cui si è costretto un intero paese per mesi, mesi e mesi. 
Nel momento italiano che si sta attraversando, momento in cui valori quali correttezza, dignità, senso di responsabilità, senso dello Stato, la lista sarebbe lunga, sembrano votati alla latitanza, accogliamo ben volentieri e con stima l'equanimità del Ministro agli Esteri Bonino. Che ben venga la tempesta sul web per corretti comportamenti contro corrente.   
Marika Guerrini
p.s.
chi volesse ulteriori informazioni sul caso Marò, in ordine cronologico dall'accaduto:
india italia l'arma e i marò