domenica 24 luglio 2016

tragedie a due velocità- attentato agli Hazara a Kabul

...  ieri 23 luglio 2016, mentre immagini riportavano, in un ossessivo ripetersi lungo oltre ventiquattro ore, la tragedia consumatasi a Monaco di Baviera con i suoi 10 morti, e spari seguivano accavallandosi a spari e volti a volti, e interrogativi a pseudo risposte accompagnate dalla retorica giornalistica, la maschera tragica del volto di Alì  Somboly, diciottenne autore della tragedia, evidenziava un altro dei tanti preoccupanti aspetti della nostra società, il "bullismo" giovanile, fenomeno da anni riportato dalle cronache, per lo più locali, e sottovalutato malgrado segnalazioni di esperti ne abbiano sottolineato, e sottolineino diffusione e pericolosità sociale, ma a questo dedicheremo altra pagina. Ora , tornando a ieri, mentre tutto questo indugiava su mezzi di comunicazione tradizionali e social network, contraddicendo le parole che suggerivano prudenza sul diffondere i contenuti della tragedia onde controllare eventuali future emulazioni, a Kabul un attentato feriva 231 persone e ne uccideva 81 oltre ovviamente agli attentatori. Suicidi diversi nei due casi, all'occidentale con colpo di pistola alla tempia,  quello di Alì Somboly, alla maniera orientale, di moda ai nostri giorni, con esplosione, a Kabul. Ma Kabul è lontana.
A Kabul è assente la possibilità di flash, di zoom, di interviste, di commenti, di analisi psicoanalitiche e psichiatriche. Su Kabul non ci si interroga, non lo si è mai fatto per davvero, è sempre stato tutto spiegato a priori, giustificato a priori. Per Kabul non ci si interroga sul fatto che ora oltre ai Taliban e ad Al-Qaeda, ormai in disuso, sia presente il Daesh che tra l'altro i Taliban combattono. Per Kabul non ci si chiede come sia stata e sia possibile, l'infiltrazione prima la presenza poi, del Daesh con tutto il dispiegamento Nato, con la massiccia presenza militare, italiani compresi, a "protezione" del paese. Non suscita alcuna curiosità come faccia il Daesh a procurarsi continuamente armi all'interno del paese e ad agire indisturbato mentre la Nato anziché bombardare le formazioni Daesh bombarda i Taliban che lo combattono. Alcuna curiosità per Kabul. Che tutto questo accada a Kabul, per il mondo è "normale". A Kabul si muore di "normale". E si muore ogni giorno da quel malefico ottobre del 2001. 
Ora, se a Kabul si muore di "normale" e il "normale" non fa notizia, per cui ogni fatto del genere viene solo accennato in passaggi tra una notizia e l'altra, figuriamoci se possa fare notizia il fatto nel fatto, ovvero che ad essere colpita è stata la comunità Hazara, per cui quella di ieri, consumata nel quartiere Dehmazang, è stata non solo una strage da attentato "normale", ma probabile azione di pulizia etnica, azione di genocidio. Che poi sia stata guidata, consentita, probabilmente voluta, questo non si sa, comunque è stata comoda. Ma veniamo al motivo immediato.
I dimostranti, tra cui anche dei parlamentari, chiedevano al presidente Ashraf Ghani e al premier Abdullah Abdullah, di rivedere il "Tutap", progetto di elettrificazione. La linea "Tutap" avrebbe dovuto collegare, attraverso l'Hindu Kush, Turkmenistan, Uzbekistan, e Tajikistan all'Afghanistan e al Pakistan, passando per la provincia di Bamiyan. Sì, sempre la Bamiyan dei Buddha giganti distrutti, non solo, ma anche cuore del paese e cuore storico, nonché attuale, dell'etnia Hazara. All'ultimo momento, in barba alle promesse fatte e allo stesso tracciato del progetto, la rotta è stata cambiata: alcun passaggio nella provincia di Bamiyan. Motivo: economico, la linea attraverserà anziché Bamiyan, il colle del Salang, così facendo i lavori saranno velocizzati e milioni di dollari risparmiati. Che poi migliaia e migliaia di persone, quasi tutti di etnia Hazara, continuino a trovarsi in una assoluta  carenza di elettricità, quindi disagi su disagi nel XXI secolo, questo non interessa a quanto pare nessuno, men che mai i governanti. 
Ma i governanti ora presenti in Afghanistan sono venduti al maggior acquirente, non di certo governano il paese per il bene del paese, lasciatelo dire a chi di storia afghana se ne intende. Si torna così alla volontà, e al permesso accordato a questa volontà, di annientare il paese, ridurlo completamente a terra di nessuno, quindi di tutti, e poiché l'etnia Hazara, da anni sottoposta a discriminazione vessatoria, è quella che, malgrado enormi difficoltà, ha visto di recente alcuni suoi esponenti formulare pensieri di libertà e progresso anche fuori dal paese, ecco che, con il pretesto dello Sciismo, essendo gli Hazara sciiti di contro a governanti, Taliban, Al-Qaeda e Daesh,  sunniti, il "normale" a Kabul ieri è stato usato ad hoc, secondo il proverbio "due piccioni con una fava".
Il fatto è che Kabul sembra lontana ma non lo è. Kabul rientra perfettamente nel quadro delle tragedie che stanno invadendo e insanguinando l'occidente. In principio era Kabul, sarebbe da dire parafrasando il sacro se non si rischiasse d'essere blasfemi. Kabul non è lontana.  Kabul vuol dire Russia, vuol dire Cina, vuol dire India. Lo ripetiamo da anni. Un Afghanistan raso al suolo anche nella volontà di libertà, vuol dire, come in un domino, contribuire alla possibilità di una Terza Guerra Mondiale, che, malgrado alcuni affermino il contrario, ancora non è in atto benché i prodromi ci siano tutti. 
A questo va aggiunto che molte giovani menti libere e strategicamente preparate per natura, istinto, propria storia, a Kabul, e fuori dal paese, menti che potrebbero contribuire alla libertà afghana,  si trovano tra i giovani hazara, come volevasi dimostrare. Kabul è la cartina di tornasole dell'inizio, strategicamente la più importante per via dell'area di cui sopra, reale motivo per cui ogni anno viene confermata  e prolungata la presenza Nato, tutti gli altri motivi addotti essendo dei falsi. Non va dimenticato.
Marika Guerrini

foto Barat Alì Batoor. coll, privata-

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